Non è un segreto che Lee Joon Gi sia uno dei miei attori preferiti. Per i suoi occhi ho un’adorazione quasi pagana e apprezzo sempre doverosamente le sue energiche evoluzioni nelle sequenze di azione, a maggior ragione perché si vede palesemente che sa quello che fa. Né si può glissare sulle sue notevoli doti attoriali: sia nelle parti romantiche, che in quelle drammatiche, che in quelle comiche, Lee Joon Gi sa sempre colpire il bersaglio: una vera e propria garanzia.
Quando inizio una recensione con un pistolotto a favore dell’attore di turno, normalmente è perché ho trovato dei difetti altrove. Questa non è un’eccezione.
Ma andiamo con ordine. Lawless lawyer è un drama sudcoreano di durata canonica: 16 episodi da circa un’ora ciascuno, per la regia di Kim Jin Min (Extracurricular e My name) e la sceneggiatura di Yoon Hyun Ho (Military Prosecutor Doberman).
L’avvocato Bong Sang Pil (Lee Joon Gi) torna a Gisung, la sua città natale, dopo esserne stato lontano 18 anni. All’epoca, la madre avvocata era stata assassinata davanti ai suoi occhi di bambino e solo rocambolescamente era riuscito a fuggire ai malviventi che volevano ucciderlo e a raggiungere lo zio, a capo di una gang di Seul, che lo aveva cresciuto ed educato alla lotta ed alla legge. Ora, con l’aiuto di un’altra avvocata, Ha Jae Yi (Seo Yea Ji), la cui madre fotografa scomparve lo stesso giorno della morte della sua, cercherà di vendicarsi e di consegnare alla legge la cricca dei malviventi che, dietro una facciata di perbenismo, spadroneggia nella città, sotto la direzione della giudice Cha Moon Sook (Lee Hye Young) e del gangster Ahn Oh Joo (Choi Min Soo), che si atteggia a presidente di una società immobiliare.
Come spesso accade, la prima metà della serie è godibilissima. La tensione è spesso palpabile, si costruisce una solida impalcatura di misteri stratificati, in cui gli accadimenti del passato riverberano nel presente. Le schermaglie fra i due protagonisti sono molto godibili. La faccia da simpatico mascalzone di Lee Joon Gi ben si appaia alla bellissima (e brava) Seo Yea Ji e i due sviluppano sullo schermo una relazione molto gradevole e credibile, anche se la sezione romantica del loro rapporto ha uno spazio ridotto. La giudice che tira le fila di tutti i complotti è algida e feroce come un ragno nel centro della sua ragnatela e il gangster è doverosamente odioso, forse troppo. La caratterizzazione che ne fa Choi Min Soo è veramente sgradevole: manierismi da incivile e pesante accento dialettale, protratti per tutta la serie, alla fine lo rendono abbastanza repellente (per quanto questa mia opinione non sia condivisa da una buona parte dei commentatori di Viki).
Passati i due terzi del drama, però, la corsa al redde rationem finale diventa più spettacolarizzata e meno logica e verosimile. Si avverte chiaramente che alcune cose accadono per esigenze di trama, alcuni personaggi si comportano in maniera illogica, se non stupida, mentre si assiste a salvataggi poco plausibili. L’apoteosi dell’assurdo avviene nel processo finale, che tutto è tranne un’udienza di tribunale. La sconfitta dei vari cattivi ha luogo in maniera piuttosto affrettata e lascia un po’ di amaro in bocca, ma gli ultimi minuti ci lasciano sperare in una seconda stagione, o danno comunque un’impronta molto ottimistica di quello che sarà il futuro dei due avocati.
Il fatto che in Corea, almeno nominalmente, le armi da fuoco non siano di reperimento comune, giustifica diverse scene di scazzottature di gruppo, molto energiche e appassionanti, ottimamente coreografate e magistralmente eseguite, fra gli altri, dal nostro protagonista, uno scricciolo d’uomo, particolarmente in questa serie, che lo vede molto dimagrito, ma sempre in ottima forma nell’eseguire diverse vigorose evoluzioni. Da notare che Lee Joon Gi, per quanto possibile, evita di fare uso di stuntman, ed esegue personalmente la maggior parte delle scene. Sicuramente la sua conoscenza di diverse arti marziali lo aiuta.
E’ piacevole vedere il percorso di crescita caratteriale di diversi personaggi, che acquistano spessore. Se la coppia principale viene abbondantemente seguita, al gangster viene riservato diverso tempo, che ci porta a conoscenza del suo passato e delle sue motivazioni, così pure come alla “maggiordoma” della giudice, una sgradevolissima e sguaiata supponente, che si fa forte del suo rapporto con lei. Purtroppo non altrettanto generosamente viene trattata la gang dei teppistelli che nominalmente aiuta Bong Sang Pil ma che, di fatto, serve esclusivamente a farci fare qualche risatina e non produce alcun effetto nel proseguire della trama. Paradossalmente, è poco sviluppata anche la psicologia della burattinaia che manovra i fili: avida, spietata, affamata di potere e riconoscimenti, ma piuttosto piatta e monocorde.
Al netto dell’interpretazione di Choi Min Soo, che può piacere o meno, ma che comunque denota uno studio caratteriale del personaggio (gangster) straordinario e un'esecuzione favolosa, tutto il cast ha recitato in maniera impeccabile: la coppia principale ha fatto letteralmente faville, ma tutti i personaggi di contorno, fino alle comparse, hanno fatto un lavoro eccelso. La colonna sonora, pur non essendo eccezionale, ha accompagnato piacevolmente l’azione e la cinematografia non ha lesinato inquadrature particolari e scene costruite gradevolmente.
Se solo non ci fosse stato qualche scivolone di troppo nel fluire delle vicende alla fine, avrei dato anche un mezzo punto in più. Peccato. Resta comunque un ottimo titolo thriller d’azione, che mi sento di raccomandare a chi non si arrabbi troppo se alla fine le cose vanno un po’… come le fanno andare.
Quando inizio una recensione con un pistolotto a favore dell’attore di turno, normalmente è perché ho trovato dei difetti altrove. Questa non è un’eccezione.
Ma andiamo con ordine. Lawless lawyer è un drama sudcoreano di durata canonica: 16 episodi da circa un’ora ciascuno, per la regia di Kim Jin Min (Extracurricular e My name) e la sceneggiatura di Yoon Hyun Ho (Military Prosecutor Doberman).
L’avvocato Bong Sang Pil (Lee Joon Gi) torna a Gisung, la sua città natale, dopo esserne stato lontano 18 anni. All’epoca, la madre avvocata era stata assassinata davanti ai suoi occhi di bambino e solo rocambolescamente era riuscito a fuggire ai malviventi che volevano ucciderlo e a raggiungere lo zio, a capo di una gang di Seul, che lo aveva cresciuto ed educato alla lotta ed alla legge. Ora, con l’aiuto di un’altra avvocata, Ha Jae Yi (Seo Yea Ji), la cui madre fotografa scomparve lo stesso giorno della morte della sua, cercherà di vendicarsi e di consegnare alla legge la cricca dei malviventi che, dietro una facciata di perbenismo, spadroneggia nella città, sotto la direzione della giudice Cha Moon Sook (Lee Hye Young) e del gangster Ahn Oh Joo (Choi Min Soo), che si atteggia a presidente di una società immobiliare.
Come spesso accade, la prima metà della serie è godibilissima. La tensione è spesso palpabile, si costruisce una solida impalcatura di misteri stratificati, in cui gli accadimenti del passato riverberano nel presente. Le schermaglie fra i due protagonisti sono molto godibili. La faccia da simpatico mascalzone di Lee Joon Gi ben si appaia alla bellissima (e brava) Seo Yea Ji e i due sviluppano sullo schermo una relazione molto gradevole e credibile, anche se la sezione romantica del loro rapporto ha uno spazio ridotto. La giudice che tira le fila di tutti i complotti è algida e feroce come un ragno nel centro della sua ragnatela e il gangster è doverosamente odioso, forse troppo. La caratterizzazione che ne fa Choi Min Soo è veramente sgradevole: manierismi da incivile e pesante accento dialettale, protratti per tutta la serie, alla fine lo rendono abbastanza repellente (per quanto questa mia opinione non sia condivisa da una buona parte dei commentatori di Viki).
Passati i due terzi del drama, però, la corsa al redde rationem finale diventa più spettacolarizzata e meno logica e verosimile. Si avverte chiaramente che alcune cose accadono per esigenze di trama, alcuni personaggi si comportano in maniera illogica, se non stupida, mentre si assiste a salvataggi poco plausibili. L’apoteosi dell’assurdo avviene nel processo finale, che tutto è tranne un’udienza di tribunale. La sconfitta dei vari cattivi ha luogo in maniera piuttosto affrettata e lascia un po’ di amaro in bocca, ma gli ultimi minuti ci lasciano sperare in una seconda stagione, o danno comunque un’impronta molto ottimistica di quello che sarà il futuro dei due avocati.
Il fatto che in Corea, almeno nominalmente, le armi da fuoco non siano di reperimento comune, giustifica diverse scene di scazzottature di gruppo, molto energiche e appassionanti, ottimamente coreografate e magistralmente eseguite, fra gli altri, dal nostro protagonista, uno scricciolo d’uomo, particolarmente in questa serie, che lo vede molto dimagrito, ma sempre in ottima forma nell’eseguire diverse vigorose evoluzioni. Da notare che Lee Joon Gi, per quanto possibile, evita di fare uso di stuntman, ed esegue personalmente la maggior parte delle scene. Sicuramente la sua conoscenza di diverse arti marziali lo aiuta.
E’ piacevole vedere il percorso di crescita caratteriale di diversi personaggi, che acquistano spessore. Se la coppia principale viene abbondantemente seguita, al gangster viene riservato diverso tempo, che ci porta a conoscenza del suo passato e delle sue motivazioni, così pure come alla “maggiordoma” della giudice, una sgradevolissima e sguaiata supponente, che si fa forte del suo rapporto con lei. Purtroppo non altrettanto generosamente viene trattata la gang dei teppistelli che nominalmente aiuta Bong Sang Pil ma che, di fatto, serve esclusivamente a farci fare qualche risatina e non produce alcun effetto nel proseguire della trama. Paradossalmente, è poco sviluppata anche la psicologia della burattinaia che manovra i fili: avida, spietata, affamata di potere e riconoscimenti, ma piuttosto piatta e monocorde.
Al netto dell’interpretazione di Choi Min Soo, che può piacere o meno, ma che comunque denota uno studio caratteriale del personaggio (gangster) straordinario e un'esecuzione favolosa, tutto il cast ha recitato in maniera impeccabile: la coppia principale ha fatto letteralmente faville, ma tutti i personaggi di contorno, fino alle comparse, hanno fatto un lavoro eccelso. La colonna sonora, pur non essendo eccezionale, ha accompagnato piacevolmente l’azione e la cinematografia non ha lesinato inquadrature particolari e scene costruite gradevolmente.
Se solo non ci fosse stato qualche scivolone di troppo nel fluire delle vicende alla fine, avrei dato anche un mezzo punto in più. Peccato. Resta comunque un ottimo titolo thriller d’azione, che mi sento di raccomandare a chi non si arrabbi troppo se alla fine le cose vanno un po’… come le fanno andare.
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